“L’Attacco dei Giganti”: Una lettura prometeica

È finalmente sbarcato anche in Italia il finale doppiato di Shingeki no kyojin, “L’Attacco dei Giganti”, anime tratto dall’omonimo manga di Hajime Isayama che nell’ultimo decennio è diventato un vero e proprio fenomeno culturale, tanto da arrivare addirittura a un crossover con la Marvel. L’anime, durato 94 episodi suddivisi in quattro stagioni andate in onda in Giappone a intervalli irregolari dal 2013 al 2023, è talmente denso e complesso che è impossibile da analizzabile in un solo articolo. Tuttavia ci sono molti aspetti che si prestano a una lettura “prometeica” dell’opera.

Per chi non sapessi di cosa parliamo, Attacco dei Giganti narra di un mondo dall’ambientazione vagamente medievale dove la razza umana è stata pressoché estinta dai Giganti, una razza di mostri mangiatori di uomini apparentemente privi di intelligenza e mossi solo dalla fame e dalla crudeltà. Le poche migliaia di esseri umani sopravvissuto si sono ritirate all’interno di una città circondata da una triplice cinta muraria capace di tenere i giganti all’esterno, finché l’arrivo di un gigante colossale più alto dei bastioni e di un gigante corazzato, entrambi apparentemente dotati di intelligenza “umana”, porta all’apertura di una breccia nelle mura e all’irruzione dei giganti dall’esterno.
Il protagonista, il giovane Eren, dopo aver perduto i genitori si arruola nel Corpo di Ricerca, la truppa d’élite dell’esercito, per poter combattere e sconfiggere i mostri che gli hanno divorato amici e famiglia. Questo, ovviamente, è solo l’incipit che copre la prima delle quattro stagioni dell’anime, che in un susseguirsi di colpi di scena porterà i protagonisti a trovare i segreti nascosti al di là delle mura, la vera natura dei Giganti, i veri nemici che li muovono fino ad arrivare ad un mondo ancora più in là che mostra la vera storia del mondo in cui Eren e i suoi amici vivono.

 

Ode al Corpo di Ricerca

Il Corpo di Ricerca, come dicevamo, è la truppa d’élite dell’esercito della ridotta umana sopravvissuta nella città. È l’unico gruppo di esseri umani che si avventura al di fuori delle mura con un unico scopo: capire il mondo al di fuori di esso, comprendere e studiare la natura dei giganti, trovare un modo per combatterli e sconfiggerli e quindi garantire un futuro all’umanità che non sia quello di rimanere chiusa per sempre dentro una cinta difensiva. Ovviamente non può essere solo un manipolo di scienziati e ricercatori all’avanguardia: per potersi avventurare al di fuori delle mura, i volontari del Corpo di Ricerca devono anche essere i combattenti migliori dell’intero genere umano. Sottoposti a un addestramento durissimo, i membri del Corpo di Ricerca finiscono per essere legati da un vincolo di cameratismo che ricorda i migliori esempi della storia e della letteratura/filmografia bellica. Ogni soldato è disposto all’estremo sacrificio, come dimostrano molteplici esempi nel corso della storia, pur di salvare il Corpo e garantire la vittoria ai propri compagni d’arme. Ma oltre che da una mistica onorevole e insieme feroce della guerra, i membri del Corpo sono mossi anche da un’altra molla: andare avanti.

Mentre l’umanità, pur sognando in modo utopico una vita finalmente pacifica al di là delle mura, si è oramai rassegnata a vivere rinchiusa dentro i confini della propria prigione dorata, i membri del Corpo di Ricerca continuano a rifiutarsi di pensare a un futuro che non preveda la riappropriazione degli spazi sottratti dai Giganti al di là della città. Il Corpo rappresenta la sfida continua che abbatte il conformismo e la staticità, la volontà di andare sempre oltre, la spinta a superare i limiti per porli ancora più in là. Non è un caso se è proprio grazie alle loro sortite fuori dalle mura e alle loro ricerche per costruire armi e strumenti all’avanguardia per vincere la guerra che l’umanità è progredita tecnologicamente.

La loro è la sfida titanica di chi si getta nell’ignoto con la volontà di domarlo, ben consapevole che potrebbe invece esserne divorato. Come ammette uno dei protagonisti, “noi siamo il Corpo di Ricerca, non ci arrendiamo. Siamo sognatori, l’unica cosa che possiamo fare è gettarci ancora una volta tra le fiamme dell’Inferno”.

E infatti vengono derisi, se non addirittura odiati e contrastati, da chi ha invece istituito un vero e proprio culto religioso che osanna le Mura, i confini invalicabili che difendono l’umanità dal caos, dal pericolo e dall’ignoto nel quale si può nascondere soltanto un male metafisico, divoratore e ferale da cui non si può fare altro che fuggire. Il Corpo di Ricerca verrà addirittura messo all’indice perché pretende di voler costruire un futuro diverso da quello “sicuro” – che ovviamente non è neanche tale – all’interno dei bastioni chiusi. Rei soprattutto di voler sovvertire una regola che va avanti da secoli e che è divenuta modus vivendi da difendere a tutti i costi. Ma ai volontari del Corpo non interessa difendere uno stile di vita che va conservato. Non vogliono scambiare le abitudini pacifiche e borghesi del passato con lo “la via degli antenati”, poiché degli antenati hanno assimilato la vera via: la tenacia, il coraggio, lo spirito guerriero, la volontà di conquista e di vittoria.

È questo ciò che vogliono tramandare alle future generazioni, insieme a un mondo da ricostruire al di là dei limiti imposti dai pusillanimi e dai mediocri. Non hanno un passato da idealizzare, quanto piuttosto un futuro da costruire con il lavoro portato avanti, passo dopo passo, da tutte le generazioni.

Emblematico, in questo senso, il discorso di uno dei comandanti del Corpo di Ricerca che incita i suoi soldati, dal destino oramai segnato, a lanciarsi in un attacco suicida che avrebbe potuto garantire la vittoria al resto del Corpo.
“Nulla ha più senso, la morte prescinde dai nostri sogni. Tutti prima o poi moriremo. Ma credete davvero che la vita non abbia alcun valore? Che venire al mondo non abbia avuto alcun significato? Pensi lo stesso dei nostri compagni caduti, che il loro sacrificio non abbia avuto un senso? Non è così! Saremo noi a dare un significato alla loro morte, ai nostri sfortunati e valorosi caduti. Solo i vivi possono ricordarli. Noi moriremo qui e lasceremo il nostro significato a coloro che rimarranno in vita”.
Il culto degli antenati non è dunque un mero ricordo di un passato aureo, ma è al contrario il giuramento di portare avanti la strada da loro tracciata affinché venga proseguita, sempre in avanti, dai figli.

 

“Continuerò ad avanzare”

Protagonista della serie è, come detto, Eren Jaeger, inizialmente ragazzino rimasto orfano per colpa dei giganti e in seguito giovane volontario del Corpo che diviene sempre più importante all’interno dell’esercito, e non solo, man mano che si procede.
Ma non solo: grazie alle ricerche del padre, Eren acquisisce anche il potere di trasformarsi in Gigante egli stesso per poter combattere contro gli altri mostri. Ma non in un gigante qualsiasi: proseguendo con la storia si scoprirà che esistono dei giganti con caratteristiche particolari e quello di Eren viene definito Gigante d’Attacco. Un nome che ricalca perfettamente l’indole del protagonista. Il giovane Eren è infatti un testardo che continua ad andare avanti a testa bassa, spinto da una volontà che non ha eguali tra i suoi simili. E se inizialmente questa caratteristica lo porta ad essere ingenuo, avventato, a tratti anche sciocco, con il passare degli anni forgerà invece un guerriero inarrestabile. Non tanto e non solo per le sue abilità belliche – ci sono infatti molti soldati nella serie che sono più abili di lui – quanto proprio per la sua attitudine ad andare costantemente avanti, sempre e comunque.

Eren è mosso da una promessa fatta alla madre quando essa era in punto di morte: “li ucciderò tutti”, intendendo ovviamente i Giganti. Questa promessa sembrerebbe assumere sempre meno senso man mano che la storia si disvela, proprio per i segreti sulla natura dei mostri e sulla vera storia del mondo in cui è ambientato l’anime che episodio dopo episodio vengono alla luce. Eppure Eren, di fatto, le manterrà sempre fede anche quando la verità evidenzierà un mondo e una storia che inizialmente Eren non potevano certo conoscere. Anche le gesta finali del giovane, che ovviamente non sveleremo per evitare odiosi spoiler, di fatto sorgeranno da quella stessa promessa. Per tutto l’anime Eren rimane fedele a se stesso e per farlo dovrà continuare a procedere in una sola direzione: avanti.
“Continuerò ad avanzare, avanzare, avanzare!” diventa il motto che spinge Eren nelle ultime puntate, quando le sue gesta assumeranno una sfumatura che lo renderanno inviso alla maggior parte dell’umanità.

Man mano che i segreti nascosti al di là delle Mura si svelano agli occhi dei volontari del Corpo di Ricerca, i tasselli andranno a comporre un puzzle molto più complesso di quanto essi avrebbero mai potuto immaginare. Un mondo con forze in campo, fazioni e dinamiche che polverizzano lo schema Giganti contro Umani ma anche quello fuori/dentro le Mura.  Ogni sogno di vita “normale” come anche ogni promessa fatta inizialmente sembra perdere del tutto senso di fronte al “mondo nuovo” che si palesa una volta superati i limiti imposti da secoli di oscurantismo reazionario. E allora solo una cosa assume senso: avanzare. E solo Eren sembra comprenderlo. Avanzare non vuol dire soltanto spingersi avanti con le truppe e schiacciare i nemici – anche, ed Eren lo farà letteralmente – infatti questa azione verrà fatta solo quando sarà resa possibile. E a renderlo possibile è la scelta folle che nessuno se non a posteriori riesce a comprendere, a parte appunto Eren Jaeger. Mentre tutti sognano una pace impossibile tra le varie fazioni e un ritorno a una vita tranquilla che oramai non è più fattibile, Eren capisce che la direzione della storia va solo in avanti e sceglie quindi di esasperare i conflitti, di portare all’estremo parossismo le dinamiche in atto nella sua epoca, di aprire tutte le dighe della storia affinché diventi un vero e proprio fiume in piena in cui più nessuno può avere il controllo.

Il suo avanzare senza sosta farà in modo che tutti, compresi coloro che pensavano di poter controllare la storia o che avevano fatto in modo da poterlo fare, non potranno fare altro che inseguire lo stesso Eren e agire di reazione alla sua azione.
La sua è insieme un’opera distruttiva e creatrice, perché portando tutto all’estremo e accelerando tutte le dinamiche possibili Eren, di fatto, distruggerà il vecchio mondo e ne creerà uno nuovo, in cui le promesse e i sogni dei protagonisti potrebbero davvero avere un posto e un senso.

Il tempo sferico e l’Eterno Ritorno

Un altro aspetto molto interessante della saga di Attacco dei Giganti è legato al tempo. Nell’anime di Isayama la correlazione tra passato, presente e futuro assume un risvolto quasi metafisico ed è strettamente legato all’elemento razziale e di sangue. Senza scivolare troppo negli spoiler, una delle cose che si scoprirà una volta cercata la verità fuori dalle Mura è che le persone sopravvissute all’interno della città fanno in realtà parte di un’antica razza – con un legame particolare con i Giganti – che mantiene un legame di sangue che attraversa il tempo e le generazioni. Nel suo andare sempre avanti Eren riuscirà in qualche modo a raggiungere il cosiddetto “sentiero”, ovvero il percorso al di là di tempo e spazio che lega tutti gli appartenenti all’antica razza in qualunque era. Trovandosi faccia a faccia con il fondatore stesso dell’antica razza, Eren non solo riuscirà a capire il segreto che il suo popolo conserva fin dagli albori, segreto che spiega l’attacco dei Giganti e la loro natura, ma di fatto si troverà di fronte alla sua stessa vita, passata e futura, condensata in un solo istante. In quell’attimo eterno in cui affronta il principio stesso del suo sangue, Eren imporrà la sua volontà ma così facendo non cambierà solo il futuro – suo, del suo popolo e di tutto il mondo – ma anche il passato. Si scoprirà infatti che tutte le scelte fatte da Eren prima di quell’istante non sono altro in realtà che il frutto della volontà imposta proprio in quel momento. Così come le scelte fatte da tutti gli altri in relazione ad esse.

Questa tridimensionalità e istantaneità del tempo offre anche una svolta narrativa molto bella e interessante: nel momento in cui Eren e i suoi sodali raggiungono il Sentiero e quindi superano le limitazioni spazio-temporali in cui è confinata l’umanità “normale”, essi apriranno la strada al ricongiungimento con i caduti che potranno lottare fianco a fianco con i vivi. In una scena di un epos ineguagliabile vedremo addirittura uno degli eroi, ferito e quasi morente, che si troverà di fronte tutti i compagni caduti sul campo nel corso della saga. A loro renderà omaggio ringraziandoli per aver sempre vegliato sul Corpo e per aver sempre combattuto al loro fianco, ringraziamento a cui i caduti stessi risponderanno con il saluto militare.

Il Sentiero che lega le generazioni tra loro e la compresenza dei caduti accanto ai vivi è un altro fattore che mostra come il culto degli antenati da parte dei volontari del Corpo sia qualcosa che non è legato al passato e alla sua idealizzazione ma piuttosto qualcosa che trascende il tempo stesso e che è legato alla discendenza e alla continuità della stirpe. Un altro elemento di “tridimensionalità” sferica del tempo è dato proprio dall’azione fatta da Eren nel Sentiero. La sua azione istantanea che afferma tanto il passato quanto il futuro diventa il nuovo centro intorno a cui tutto ruota. In quel momento, inoltre, Eren diventa a sua volta il “nuovo” fondatore della sua razza, riaprendo il ciclo di eterno ritorno spiegato nel bellissimo finale della saga. Un eterno ritorno inevitabile ma che non è un mero ripetersi identico a se stesso ma un susseguirsi di cicli che devono sempre rinnovarsi. E che solo la volontà è l’azione possono rinnovare.

Carlomanno Adinolfi