Dal mito alle stelle: la saga archeofuturista di Brandi
“Con radici ben piantate a terra e lo sguardo verso le stelle, l’uomo aveva finalmente una missione superiore da compiere”
In un’epoca che si fa sempre più attanagliata dal dualismo tra un progressismo sradicante e un conservatorismo che vuole negare ogni spinta propositiva (preferendo però un ritorno ad un passato prossimo adolescenziale piuttosto che una riscoperta delle proprie radici ancestrali) il romanzo d’esordio di Alberto Brandi esce come un lampo che illumina la notte, svelando nuove strade nascoste o semplicemente dimenticate.
Forse una delle migliori realizzazioni narrative di quell’Archeofuturismo che Guillaume Faye ideò oramai venticinque anni fa senza ottenere il dovuto seguito, La memoria del sangue, primo volume della saga Terra Ancestrale, edito da Passaggio al Bosco, è una graditissima sorpresa per come riesce a sintetizzare e armonizzare senza alcuna forzatura la fantascienza hard e la space opera con un substrato ancestrale legato alle nostre più antiche tradizioni. Se quest’ultimo aspetto non stupisce conoscendo la biografia dell’autore – laureato in filosofia, studioso di esoterismo e autore di diversi saggi sulla spiritualità vedica e indoaria – è la parte più puramente fantascientifica a sorprendere per la maestria stilistica e l’aderenza ai cosiddetti canoni, rispettati – e chiaramente amati – senza tuttavia essere pedissequamente copiati.
Il romanzo, che ripetiamo è il primo di una saga i cui prossimi volumi vedranno la luce nei prossimi anni, sembra a prima vista una raccolta antologica di storie autonome che andranno però pian piano ad intersecarsi per comporre il quadro che tratteggerà il mondo nel quale agiscono i personaggi e soprattutto le forze in campo di questa epopea sci-fi. Che all’inizio sembra proprio il più classico dei romanzi di fantascienza che tratta di un governo planetario che controlla il Sistema Solare, di fazioni ribelli e indipendentiste, di soldati coraggiosi e terroristi nascosti in basi segrete sulla fascia di asteroidi, con tanto di armi futuristiche, tute e divise spaziali avveniristiche e navi interstellari che portano subito il pensiero alle recenti serie tv come The Expanse e Halo. Ma più si va avanti, più i livelli si fanno più stratificati e profondi.
Senza la necessità dei classici “spiegoni” ma con l’ausilio di una ricchissima sezione di appendici in cui vengono descritte armi, tecnologie, luoghi, fazioni e principali accadimenti storici che hanno portato allo scenario in cui si svolge la storia, Brandi ci porta in un mondo nato da una rivoluzione che ha creato il cosiddetto Stato delle Nazioni, una sorta di impero federale planetario a guda europea che ha rovesciato il vecchio regime globalista per instaurarne uno fondato sulle identità etniche, culturali e nazionali che pur nella diversità ed esclusività riescono a cooperare proprio perché radicate nella propria terra e nel proprio sangue (da qui il titolo del primo volume: “la memoria del sangue”). Un mondo che solo a quel punto ha potuto volgere lo sguardo verso le stelle e andarne alla conquista colonizzando la Luna, Marte e i principali satelliti dei giganti gassosi oltre la fascia asteroidale.
Da qui prende piede la storia della saga, incentrata dapprima sullo scontro tra lo Stato delle Nazioni – con tutte le sue forze armate e le sue fazioni interne ottimamente caratterizzate e descritte dall’autore – e il gruppo di ribelli terroristi tra cui spicca l’Artp, un’armata rivoluzionaria di stampo anarco-trotzkista i cui miliziani ma soprattutto comandanti non scadono mai nella banalizzazione dei cattivi monodimensionali ma anzi assumono un ruolo di quasi co-protagonisti, con le loro idee e convinzioni che vengono trattate e approfondite forse ancor più di quelle dei protagonisti. Che presumibilmente avranno più spazio e una maggior definizione nei prossimi volumi, soprattutto i guerrieri Loups-Garou, un corpo fondato sulla mistica guerriera che fonde lo spirito militare dello Starship Troopers di Heinlein con lo spirito dei monaci guerrieri medievali e il bushido samurai. Quella che assume tutti i crismi di una lotta interplanetaria tra due visioni del mondo – a loro volta differenziate nelle loro correnti interne spesso in contrasto e in cerca di una sintesi – si infiamma dopo il ritrovamento di un antichissimo avamposto alieno che potrebbe portare il conflitto al di là dei confini del sistema solare e degli schieramenti umano-terrestri. Ma il tutto potrebbe portare ancora oltre, nel cosiddetto “Altrove”, un mondo di mezzo sottile dove si scontrano le forze arcane che si celano dietro i due schieramenti.
Il romanzo, oltre ad essere scritto con uno stile da veterano, incredibile in uno scritto d’esordio, è un vero lavoro di mitopoiesi e di creazione di un immaginario che proietta verso il futuro e verso l’alto insieme, un’opera rivoluzionaria che scrosta i vecchi cliché di un immaginario stantio e che riporta alla luce gli archetipi eroici di lotta, sfida e vittoria propri della nostra civiltà, dando loro una forma nuova, rinnovata e proiettata in una nuova era, in direzione di un domani da costruire piuttosto che di un passato da rimpiangere. Ma senza dimenticare, come già sottolineato, l’importanza delle radici e del mito, che anzi risultano non solo centrali ma fondamentali e basilari per potersi proiettare oltre. Un romanzo archeofuturista, dunque, ma che possiamo definire – e lo facciamo senza paura di trovare l’autore in disaccordo – prometeico proprio perché intriso di quel sentimento di sfida all’ignoto, alle stelle e al futuro e di quella volontà di superare continuamente i limiti, non per abbatterli e privarsene del tutto ma per definirne di nuovi, sempre più lontani, come nuovi obiettivi. Proprio come ci insegna quel sangue di cui dovremmo ritrovare la memoria.
Carlomanno Adinolfi